27. Quando arrivarono gli alieni, ci trovarono privi di un progetto, pronti ad accedere ad un ulteriore salto di coscienza, verso lo stadio più avanzato della nostra ignavia. Mentre le rivolte attraversavano l'Europa, uscivamo in massa il sabato sera ed il nostro abbigliamento era in quieta sintonia con l'arredamento dei locali, con i sottintesi commerciali di chi ci rivolgeva la parola.
28. In rete, i gruppi di discussione ritornavano sugli stessi due, tre punti, nonostante alcuni citassero rapporti del Ministero dell'economia di Singapore, il prezzo dell'olio di colza, la crisi congolese. Dopo parecchi mesi, al momento delle campagne di intervento lungo le coste brasiliane, si iniziò a credere che la questione fosse in qualche modo superata e ci trovammo a guardare per aria, in attesa di una possibile via d'uscita, mentre lungo le strade rimanevano incerti i segni del nostro malcontento.
29. Dopo decenni, sparuti gruppi ritornati al nomadismo si accampavano ancora negli spazioporti diroccati, là dove le ultime astronavi della prima ondata di esplorazioni, in una parata spettacolare le cui immagini avevano occupato per anni il sistema mediatico globale, erano decollate bruciando il cemento, alzandosi in massa verso l'orbita, oltre le trasparenze dell'atmosfera. Sapevamo che non sarebbero mai tornati. Aspettavamo, di generazione in generazione, che il rendez-vous su Proxima Centauri deformasse sufficientemente la corona di quel sole remoto, perché potessimo avere conferma, nei secoli futuri, della conclusione del viaggio.
30. I cinque consigli di amministrazione più importanti dell'area di Singapore decisero di passare alla rete, spinottando i propri componenti ad un hub organico di produzione texana. I corpi, in stato di sonno REM per più di dodici ore al giorno, galleggiavano in un composto nutritivo innestato di colonie di batteri modificati e di tessuti nanotecnologici, incaricati di smantellare sistematicamente le connessioni cellulari, senza interrompere l'attività cognitiva, e infine disciogliere i corpi stessi in una gelatina ipocosciente, attraversata dall'hardware di un elaboratore dedicato.
Erano stoccati in alcuni magazzini sotterranei alla periferia di Losanna, gestiti da un consorzio di laboratori terrestri ed orbitali, ed i loro cicli onirici venivano quotati sui mercati europei a scadenze mensili.
Da quel momento, una serie di operazioni al ribasso avevano congelato l'impennata borsistica corrente, producendo, sui mercati nord-americani, strane speculazioni ai danni delle filiere della produzione di contenuti e del settore psicofarmaceutico. Di colpo, iniziarono a spuntare, sul territorio, nelle città di media importanza, piccole finanziarie che offrivano abbonamenti virtualmente gratuiti alle proprie linee di credito, dando luogo a fenomeni di iperinflazione molto localizzati ed alla generazione di economie parallele basate sull'assenza di moneta e di proprietà.
Come soluzioni improvvise di lente mareggiate, fronti di capitali senza controllo si riversavano su alcune comunità periferiche e si incanalavano nei distretti industriali e agricoli secondari, disfacendo le articolazioni dei ceti, le distribuzioni e le abitudini di consumo, l'impiego della forza-lavoro, per poi infrangersi in distanza.
31. Attrezzammo, per i viaggi interstellari, navi dalle cubature senza fine, piene di sale di chilometri e chilometri, livelli, sistemi secondari e terziari di corridoi, ascensori, piccoli magazzini, negozi vuoti e reti locali di trasporto su rotaia. Erano lasciate alle poche dozzine di persone destinate a perdervisi, nel corso degli anni.
A volte si incontravano, lungo le vaste gallerie panoramiche, senza sapersi rivolgere la parola. Oltre le vetrate, le stelle sembravano rimanere immobili, contro lo spazio nero, nonostante la velocità, i milioni di chilometri trascorsi, l'accelerazione continua.
Alcuni settori, col tempo, avevano sviluppato gracili culture locali, basate sul silenzio e sulla coltivazione della polvere. Gli anni passavano. Le tecniche nanochirurgiche, l'ambiente asettico, i robot medici prolungavano le funzionalità dei corpi, mentre le motivazioni si spegnevano, si scomponevano, e i soggetti si dissipavano in personalità astratte, in configurazioni semistatiche di intenzioni, ricordi, abbozzi di piani psicotici per la conquista del mondo. Gli individui più radicali facevano uso di sostanze psicotrope pesanti, depressivi, ansiolitici, ed uscivano dallo scafo per passeggiate spaziali di anni, alimentati attraverso tubi lunghi centinaia di chilometri, librandosi nel vuoto buio, nell'assenza di attrito, al cospetto delle distanze siderali mentre, quasi incoscienti, venivano attraversati dai raggi cosmici.
32. L'inverno nucleare ci trovò disperati, consapevoli di dover cedere tutto, di non avere niente che potesse durare. Perdemmo i nostri figli, la vita, i brani di pelle che si staccavano come cortecce, come stracci dal corpo scomposto, bruciato dal bombardamento degli isotopi pesanti, dai raggi gamma. Sacrificammo ogni cosa all'onda d'urto dei megatoni, alle tempeste del fall-out radioattivo che, sugli orizzonti delle nostre pianure, là dove si infittivano i nostri traffici e le nostre città, gonfiavano nubi chilometriche di detriti, sangue, ossa e carne vaporizzati. Alcuni sopravvissuti ricordavano l'immagine di lontani pioppeti, che si calcificavano in un istante, mentre il cielo si deformava attorno ai funghi delle esplosioni.
33. Del sentimento quasi sordido di vergogna e disillusione che ci rimaneva in gola dopo le visite agli alieni, facevamo tesoro e ne ricordavamo, negli anni, le sfumature più diafane, i minimi riverberi celati nelle sere di settembre, negli errori che ancora commettevamo, nelle forme delle ombre. Insieme ad altri ci presentavamo con i pochi doni che avevamo raccolto: citazioni da qualche vecchio film di fantascienza, un pacchetto di Lucky Strike, t-shirt dei Primal Scream di una taglia in meno. Parlavamo pochissimo l'un l'altro e, ormai, aspettavamo solo di inoltrarci nel cupo silenzio del sogno collettivo nato dalle tangenziali abbandonate, dai parcheggi deserti, dalle periferie sempre più immote, fatto per lo più di rumore bianco, semioscurità, sensazioni imprecise di fili del discorso persi negli anni, nell'avvicendarsi delle coincidenze, dei nuovi acquisti, delle soste in cucina prima di andare a dormire.
dal work in progress Quando arrivarono gli alieni (27-33)
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