Lo scrittore
S’affanna, è importante
telefona, scrive
solleciti fili di ragnatela
il saggio, il racconto, la presentazione
polemiche a freddo contando i contatti,
corteggia editori, spia critici e amici
schernisce new entry e le top dei successi,
tra scambi e contratti giurie e recensioni
blandisce, recide, esibisce pulsioni,
la sera è stanchezza
però soddisfatta,
in fondo qualcuno lo chiama scrittore.
Disantropo
Non parla con chi si lagna a vuoto
non parla con chi ha tradito
non parla con chi è furbo
non parla con chi si turba
non parla con chi è fasullo
non parla con chi è venduto.
Praticamente è diventato muto.
Patrie
Ha cambiato di lingua e di nome
e il cielo ha una linea diversa
e ci sono colline
ma non uno tra i fiori che a mazzi
le riempivano i giorni al mercato.
Entra in case stracolme di oggetti,
li pulisce,
stupita vi sia tutto quel ben di dio
cui nessuno oramai fa più caso.
Le persone le sembrano strane,
lamentandosi stanche di rabbia
eppure non si scava patate o carbone,
né si ammassano in fuga nei camion.
Gli uomini, quelli, più o meno gli stessi
certo non bevono tanto
ma ugualmente ci provano gratis.
Sa di essere stupida e brutta,
non importa, ha gli occhi pervinca
e sorride e insiste daccapo.
Preferisce i colori sgargianti,
tutti i fucsia e i verde del mondo,
troppi morti alle spalle,
è riuscita a portarsi suo figlio.
Fino a sera spolvera e lava
al ritorno, preparata la cena,
finalmente si spoglia,
respira, in un amen di lingua d’infanzia
a un suo dio che sicuro la ama:
le radici le hanno le piante,
donne e uomini hanno le gambe.
Vocazione
L’unica volta ch’era stata al mare
bambina, il padre con l’asino,
frogi nella brina,
vento di sale e turchese a chiazze lo stupore
immenso, pari al cuore senza linea,
il sole di rincorsa nuvole e spuma
ballerina,
nel balzo il muso e pinna cresta all’onda
Febo delfinio, all’unisono apertura
d’istinto scelta, l’aria nitore cristallino.
Un pesce e una bambina
scesa da collina
dove il salmastro s’addolciva a olivo,
gaudiosi l’uno all’altro fuori dal tempo
era - è - mattina.
Ride
La bambina sgrida il gatto. Il gatto inarca il baffo, dondola la coda. La bambina ride. Che c’è da ridere non sa, ma è buffo tutto. Suo padre ha tagliato i baffi, non è più suo padre. Un’altra faccia, uno sconosciuto. Giochiamo a chi sei tu chi sono io. La zia, così, è importante, una cibernetica, misteri di zie e di grandi.
Parla con suo padre, quello senza baffi. Chissà che fine ha fatto suo padre con i baffi. Parlano anche i grandi, la zia. Ascolta. Modalità bipolari. Logiche binarie. La bambina ride. Sa cos’è un binario. Ci crescono i papaveri. Sì, sì, l’ha visto il binario, in campagna. Ci passa il treno.
Da grande farà come la zia, sicuro, una importante. Una capostazione. Il gatto oscilla i baffi, è l’ora di mangiare. Suo padre la sbaciucchia, la zia l’accarezza. C’è il cielo che si oscura, la chiamano la notte. Che viene dopo il giorno. Logiche binarie – insiste la zia. E l’alba e i tramonti?- ribatte il senza baffi. Ma la logica aiuta, non è che risolve, è solo una parte. Non ci capisce nulla, non ha tanta importanza, continueranno per un sacco di tempo, buono il formaggio e le patate fritte.
Il gatto si stiracchia, lecca un poco d’acqua dopo i croccantini. Li ha assaggiati anche lei, molto di nascosto. Quand’era molto piccola, se lo ricorda bene. Sapevano di colla. Affari del suo gatto. Vanno insieme sul divano, accende lo schermo. C’è un drago, verdissimo e buono che aiuta una principessa. A lei piace il drago, la principessa è una stupida che piange sempre. Il drago invece ride. Per questo le piace.
Dovrebbe dormire. Il gatto ha già steso le zampe, ha sonno anche lei. La zia la sveste. Torna mamma vero?- le chiede, che ora le è venuto in mente. Ma certo, lo sai che è andata a trovare la nonna, torna domani – risponde seria la zia, che si è divertita a fare la tata , almeno per una serata. La zia non ha figli. Solo fidanzati. Troppi, secondo quello che aveva i baffi. Si è dimenticata di chiedergli che fine hanno fatto i baffi. Peccato, erano buffi.
Chissà se la mamma torna senza gli occhiali. A volte lo fa, si mette dei vetri piccoli piccoli agli occhi. Una cosa da pazza. Ficcarsi le dita negli occhi. Da rabbrividire. L’ha spiata nel bagno, col fiato sospeso. Poi dopo piange. Ma certo, che sciocche a volte le mamme. Meglio gli occhiali, di molto, sperando che torni uguale. Coi grandi non puoi mai saperlo.
Puoi andare, ora dormo – rassicura. Che giornata, splendente. Neanche una lacrima. Molte risate. Va bene, perfetto, così. Logicamente. La zia ne sarebbe felice. Ride, un poco, nel sonno.
Lo scrittore e Patrie sono tratte da “Le nudecrude cose e altre faccende” (2012); Disantropo da “”Fuorigioco” (2007); Vocazione da “Notizie dalla Pizia” (2009); Ride è tratto da “Cartografie”, inedito in corso
|